FICLIT per la pace. L'archivio dei pensieri
Dopo più di un mese dall'inizio della guerra, abbiamo raccolto poesie, frasi e immagini che studenti, amministrativi e docenti hanno proposto per esprimere le diverse sensibilità.
Pubblicato: 15 aprile 2022 | Internazionale
L'iniziativa "parole di pace" ha visto la partecipazione di decine di colleghi e numerosi contributi, pubblicati quotidianamente sulla pagina Facebook del dipartimento, per sensibilizzare i lettori agli eventi in corso e per uscire dal silenzio in un momento di forte emotività e incredulità per tutte e tutti noi. Riproponiamo qui le frasi, le citazioni e le traduzioni proposte dal corpo studentesco, amministrativo e docente del nostro Dipartimento.
Le citazioni
Mio pensiero costante è la sorte dell’Europa. Sono sempre più profondamente convinto che i popoli dell’Europa non guariranno dalle loro gravissime ferite se non formeranno una sola nazione unita da comuni pensieri, da comuni interessi, da un comune destino
Alberto Savinio. Sorte dell'Europa. Milano, Adelphi, 2014 [1945]
Sentivamo il bisogno di verità minime, ma certe; di maestri capaci di trasmetterci una scienza severa e di iniziarci a idee e strumenti con i quali riprendere da capo una storia tragicamente deragliata sui binari dell'inganno e dell'odio
Dante Isella. Un anno degno di essere vissuto. Milano, Adelphi, 2009 [1943]
Io sono qui per provare qualcosa in cui credo: che la guerra è inutile e sciocca, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre
Oriana Fallaci. Niente e così sia. Milano, Rizzoli, 1969
Non discuterò qui l'idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.
Don Lorenzo Milani. L'obbedienza non è più una virtù, 1965
Quo, quo scelesti ruitis? Aut cur dexteris
aptantur enses conditi? [...]
Neque hic lupis mos nec fuit leonibus
umquam nisi in dispar feris.
Furorne caecus an rapit vis acrior
an culpa? Responsum date.
Tacent et albus ora pallor inficit
mentesque perculsae stupent. [...]
Orazio EPODON, LIBER VII 40 a.C.
Dove, dove vi precipitate, o scellerati? O perché impugnate con le destre le spade, già chiuse nel fodero? [...] Ma tal costume non ebbero né i lupi né i leoni, i quali non infieriscono mai, se non con belve di diversa natura. Vi trascina dunque una follia cieca, o una forza strapotente, o una colpa da espiare? Rispondete! Tacciono: e un bianco pallore si dipinge sui volti, e gli animi scossi restano stupefatti. [...]
TITO COLAMARINO e DOMENICO BO. Orazio, Le opere. Torino, Utet. 2002
In russo la parola mir, adoperata nel titolo del grande romanzo (Voina i mir) ha tre significati: può significare l’universo; può voler dire i legami sociali tra i popoli (e in questo senso è stata usata anticamente per le comunità di villaggio russe e per le riunioni in cui i contadini discutevano i loro problemi); e infine la parola può avere significato di concordia e assenza di guerre di qualsiasi genere, di controversie e di conflitti. [...] In realtà, la parola che indica una comunità umana vasta, universale, e i legami amichevoli e costruttivi che esistono tra gli uomini che la compongono, non può non implicare l’assenza di guerre o di conflitti.
Vladimir Ermilov. L'umanità di Tolstoj. Il contemporaneo, settembre 1960
Mentre sto scrivendo, guardo con piacere un vapore che naviga per il Danubio; di qui il Danubio si vede benissimo. Bisogna poi notare che oggi fa una splendida giornata di primavera; gli Italiani cantano a squarciagola e pensano che la pace è vicina.
Leo Spitzer. Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918. Milano, Il Saggiatore. 2016 [ed. or. 1921]
Da Mauthausen a Subiaco (Roma): Cara madre cercate di stare tutti alecri e contenti e tutto in pace che presto finisce questa guerra e cosi ritornera la gioia per tutte le famiglie.
Leo Spitzer. Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918. Milano, Il Saggiatore. 2016 [ed. or. 1921]
Tale è dunque la condizione umana: desiderare la grandezza del proprio paese significa desiderare il male dei propri vicini. Chi volesse che la sua patria non fosse mai né più grande né più piccola, né più ricca né più povera, sarebbe cittadino dell’universo.
Voltaire. Dizionario filosofico. Torino, Einaudi, 1950 (tr. Massimo Bonfantini) [1764]
A un russo l'Europa non è meno cara della sua stessa patria e forse gli è anche più cara: gli è cara ogni pietra di essa. L'Europa è la nostra patria altrettanto che la Russia. Oh, di più! Non si può amare la Russia più di quanto la ami io, ma non mi sono mai rimproverato per il fatto che Venezia, Roma, Parigi, i tesori delle loro scienze e delle loro arti, mi sono più cari della Russia. Oh, ai russi sono care queste vecchie pietre straniere, questi miracoli del vecchio mondo del Creatore, queste schegge di sacri miracoli; e ciò ci è addirittura più caro che a loro stessi!
Fëdor Dostoevskij. L’adolescente. Milano, Mursia, 1957 (tr. Maria Rakovska, Luigi Galeazzo Tenconi) [1875]
Finché l'uomo sfrutterà l'uomo, finché l'umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui.
Pier Paolo Pasolini. La rabbia. Vie nuove, n. 38, 1962
Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ di ordine
da solo non si fa.
C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.
C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.
C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.
Non è fotogenico,
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono già partite
per un’altra guerra.
Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno brandelli
a forza di rimboccarle.
C’è chi, con la scopa in mano,
ricorda ancora com’era.
C’è chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto lì si aggireranno altri
che troveranno il tutto
un po’ noioso.
C’è chi talvolta
dissotterrerà da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti.
[...]
Maria Wisława Anna Szymborska (traduzione italiana a cura di Pietro Marchesani). La fine e l’inizio. Libri Scheiwiller, 1993
La luna di Kiev
Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
“Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!
Gianni Rodari. Filastrocche in cielo e in terra. Einaudi, 1960
Uomo del mio tempo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
-t’ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero,
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
“Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata. [...]
Salvatore Quasimodo. Giorno dopo Giorno. Mondadori, 1961
Among Those Killed In The Dawn Raid Was A Man Aged A Hundred
When the morning was waking over the war
He put on his clothes and stepped out and he died,
The locks yawned loose and a blast blew them wide,
He dropped where he loved on the burst pavement stone
And the funeral grains of the slaughtered floor. […]
[Fra le vittime dell'incursione all'alba
C’era un uomo che aveva cent’anni
Mentre il mattino si svegliava sopra la guerra
Indossò i suoi vestiti, varcò la soglia, e morì;
Le serrature allentate saltarono a uno scoppio:
Cadde lì dove amò, sul marciapiede esploso,
Nella funebre polvere del suolo massacrato. […]
Dylan Thomas. Poesie. Einaudi, 1970 (trad. di Ariodante Marianni)
Da ogni terra si levi un'unica voce: no alla guerra, no alla violenza, sì al dialogo, sì alla pace! Con la guerra sempre si perde. L'unico modo di vincere una guerra è non farla
Papa Francesco. Angelus, Piazza San Pietro, 9/8/2015
È, in un profluvio di rovine,
con tante macchie color seppia o ruggine
per le strade e sui muri,
incredibilmente ancora l'infanzia.
Ancora per quanto? Chissà.
Forse fino al momento in cui le cose
che è impossibile credere
o che è meglio far finta di ignorare
si trasformeranno di colpo
in cose da sapere anche nei sogni
e anche i semplici nomi
della vita che abbiamo sotto gli occhi
da quando per la prima volta
ci siamo resi conto della vita,
il campo dietro casa, il forno
dove si mette a rinvenire il pane,
diventeranno trappole d'angoscia,
focolai di terrore.
Giovanni Raboni. Tutte le poesie (1949-2004). Torino, Einaudi, 2014
Il parroco, parato a festa, con gli occhiali lucidi, fece il discorso sui gradini della chiesa. Cose Grosse. Disse che i tempi erano stati diabolici, che le anime correvano pericolo. Che troppo sangue era stato sparso e troppi giovani ascoltavano ancora la parola dell'odio.
Cesare Pavese. La luna e i falò. Torino, Einaudi, 1993
And death shall have no dominion
And death shall have no dominion.
Dead men naked they shall be one
With the man in the wind and the west moon;
When their bones are picked clean and the clean bones gone,
They shall have stars at elbow and foot;
Though they go mad they shall be sane,
Though they sink through the sea they shall rise again;
Though lovers be lost love shall not;
And death shall have no dominion.
[E la morte non avrà più dominio
E la morte non avrà più dominio.
I morti nudi saranno una cosa
Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente;
Quando le loro ossa saranno spolpate e le ossa pulite scomparse,
Ai gomiti e ai piedi avranno stelle;
Benché ammattiscano saranno sani di mente,
Benché sprofondino in mare risaliranno a galla,
Benché gli amanti si perdano l’amore sarà salvo;
E la morte non avrà più dominio.]
Dylan Thomas.Poesie Einaudi, 1970 (trad. di Ariodante Marianni)
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
Verrà un giorno, mia rosa, verrà un giorno
Che gli uomini si guarderanno l’un l’altro
Fraternamente
Con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
Nazim Hikmet. Poesie d'amore. Arnoldo Mondadori Editore 2001 (trad. Joyce Lussu)
Stefano, figlio mio, ti regalerò fucili. Perché un fucile non è un gioco. È lo spunto di un gioco. Di lì dovrai inventare una situazione, un insieme di rapporti, una dialettica di eventi. Dovrai fare pum con la bocca, e scoprirai che il gioco vale per quel che vi inserisci, non per quel che vi trovi di confezionato. Immaginerai di distruggere dei nemici, e soddisferai a un impulso ancestrale che nessuna barba di civiltà riuscirà mai ad ottenebrarti, a meno di far di te un nevrotico pronto all’esame aziendale attraverso Rorschach. Ma ti convincerai che distruggere i nemici è una convenzione ludica, un gioco tra i giochi, e imparerai così che è pratica estranea alla realtà, di cui giocando ben conosci i limiti. Ti ripulirai di rabbie e compressioni, e sarai pronto ad accogliere altri messaggi, che non contemplano né morte né distruzione; sarà importante, anzi, che morte e distruzione ti appaiano per sempre dati di fantasia, come il lupo di cappuccetto rosso, che ciascuno di noi ha odiato senza che di qui sia nato un odio irragionevole per i cani lupo.
Umberto Eco. Lettera a mio figlio (1964), dal Diario minimo Bompiani, 2001
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna,
per un matto che comanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza…
Trilussa, Ninna nanna della guerra
Ché quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe’ li ladri de le Borse.
Trilussa, Ninna nanna della guerra
Certo ci son toccati tempi torbidi, tumultuosi e tristi, tempi in cui è più comune l’uso delle armi che quello dei libri: e tuttavia non mi darò mai pace finché non avrò provveduto un’abbondante scorta di buoni libri.
Aldo Manuzio. Ad Alberto Pio principe di Carpi. Venezia, Marsilio, 2015 [1495]
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Versi sul soldato senza nome
I
Ne sia testimone quest’aria -
il suo cuore a lunga gittata -
attiva, onnivora fin dentro le trincee -
oceano, sostanza cieca.
Queste stelle così pronte alla delazione:
sempre a spiare - a che scopo? - la condanna
del testimone e del giudice,
e l’oceano, materia cieca.
La pioggia, seminatore arcigno,
sua manna, senza nome,
ricorda che l’oceano, o il disporsi a cuneo dei soldati,
punteggiavano croci boschive.
Uomini freddi e cagionevoli
avranno fame, freddo, uccideranno,
mentre nella sua tomba rinomata
giace il soldato senza nome.
Rondine malaticcia, che hai scordato
come si vola, insegnami
a manovrare, senza ali né timone,
questa aerea tomba.
E come fossi Michail Lermontov
ti farò un accurato resoconto
di come la tomba raddrizza chi era curvo
e del fascino della fossa d’aria
3 Marzo [1937, Voronež].
Osip Mandel’štam. Poesie, a cura di Serena Vitale, Garzanti, Milano, 1972, p. 162
About suffering they were never wrong,
The old Masters: how well they understood
Its human position: how it takes place
While someone else is eating or opening a window or just walking dully along;
- H. Auden. Musée des Beaux Arts
General, der Mensch ist sehr brauchbar.
Er kann fliegen und er kann töten.
Aber er hat einen Fehler:
Er kann denken.
Bertolt Brecht. Svendborger Gedichte
Vorrei che sentiste bene questa differenza, per voi l’Europa è uno spazio circondato dai mari e dai monti, diviso dai posti di blocco, devastato dalle mine […]. Ma per noi è questa terra dello spirito dove da venti secoli si intraprende la più stupefacente avventura della mente umana
Albert Camus. Lettres à un ami allemand.
Cerchiamo di capire innanzitutto che cos'è la pace. Cos'altro se non un'amorevole disposizione verso colui che condivide la nostra stessa razza? Qual è dunque il concetto opposto dell'amore? L'odio, la collera, l'ira, l'invidia, il rancore, l'ipocrisia, il confronto in guerra. Vedi per quante e per quali malattie quest'unica parola è antidoto? La pace infatti si oppone in maniera uguale a ciascuna delle cose che abbiamo elencato e con la sua sola presenza elimina il male.
Gregorio di Nissa. Omelia sulle beatitudini. 7,6 [trad. Moreschini]
Non pudet homines, mitissimum genus, gaudere sanguine alterno et bella gerere gerendaque liberis tradere, cum inter se etiam mutis ac feris pax sit. Adversus tam potentem explicitumque late furorem operosior philosophia facta est et tantum sibi virium sumpsit quantum iis adversus quae parabatur accesserat.
[L'uomo, l'animale che per natura è il più mite, non si vergogna di provare godimento alla vista del sangue, né di far guerre che si protraggono per generazioni, mentre anche le bestie feroci vivono in pace. Contro il diffondersi di una così violenta follia, la filosofia ha dovuto rendersi più attiva e assumere quel vigore che avevano i vizi che essa si apprestava a combattere.]
Seneca. Lettere a Lucilio, 95, traduzione di Giuseppe Monti, Milano, BUR, 2008.
Il loro caseggiato era distrutto. Ne rimaneva solo una quinta, spalancata sul vuoto. Cercando con gli occhi in alto, al posto del loro appartamento, si scorgeva, fra la nuvolaglia del fumo, un pezzo di pianerottolo, sotto a due cassoni dell’acqua rimasti in piedi. Dabbasso delle figure urlanti o ammutolite si aggiravano fra i lastroni di cemento, i mobili sconquassati, i cumuli di rottami e di immondezze. Nessun lamento ne saliva, là sotto dovevano essere tutti morti. Ma certune di quelle figure, sotto l’azione di un meccanismo idiota, andavano frugando o raspando con le unghie fra quei cumuli, alla ricerca di qualcuno o qualcosa da recuperare. E in mezzo a tutto questo, la vocina di Useppe continuava a chiamare:
“Biii! Biiii! Biiiii!”
Blitz era perduto, insieme col letto matrimoniale e il lettino e il divanoletto e la cassapanca, e i libri squinternati di Ninnuzzu, e il suo ritratto a ingrandimento, e le pentole di cucina, e il tessilsacco coi cappotti riadattati e le maglie d’inverno, e le dieci buste di latte in polvere, e i sei chili di pasta, e quanto restava dell’ultimo stipendio del mese, riposto in un cassetto della credenza.
Elsa Morante. La Storia. Torino, Einaudi, 1974
Orbene, poiché la guerra contraddice nel modo piú stridente a tutto l’atteggiamento psichico che ci è imposto dal processo di incivilimento, dobbiamo necessariamente ribellarci contro di essa: semplicemente non la sopportiamo piú; non si tratta soltanto di un rifiuto intellettuale e affettivo, per noi pacifisti si tratta di un’intolleranza costituzionale, di una idiosincrasia portata, per cosí dire, al massimo livello. E mi sembra in effetti che le degradazioni estetiche della guerra concorrano a de terminare il nostro rifiuto in misura quasi pari alle sue atrocità.
Sigmund Freud. Lettera a Albert Einstein da Vienna, settembre 1932 (da Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 1970)